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Rappresentazione visiva dell'articolo: Siamo tornati al 2008?

Autore: Tommaso Rinaldi

Data di pubblicazione: 30 marzo 2023

Siamo tornati al 2008?


Le vicende bancarie dell’ultimo mese hanno riacceso i fari su uno dei settori più importanti dell’economia mondiale e avvicinato al tema commentatori che, fino all’altro ieri, discettavano di virus, calcio e mariedefilippi e oggi urlano alla fine del mondo in stile 2008.

Ma è davvero così?

Di Silicon Valley Bank ne ho scritto un paio di settimane fa:

/news/4947/la-vicenda-silicon-valley-bank

e, grazie alle ulteriori informazioni arrivate nel frattempo, si può aggiungere che la SVB pur avendo sfruttato l’eccellente andamento del comparto tecnologico del 2021 (aumento della propria raccolta totale pari a +85%) non si è lanciata in operazioni particolarmente aggressive come, ad esempio, una maggiore concessione di prestiti, cosa che normalmente fanno le banche quando c’è eccesso di liquidità, facilmente riscontrabile dal grafico sottostante:

anzi è ben al di sotto rispetto alla media di mercato, dato che il rapporto tra prestiti e attivo di SVB (linea arancione) era decisamente inferiore a quello medio del settore americano (linea blu).

L’errore vero (con il senno di poi…) è stato quello di aver investito il 57% dei propri attivi in titoli di stato a lunga scadenza che, con il rialzo dei tassi, hanno registrato perdite consistenti; se a ciò aggiungiamo le difficoltà del settore di riferimento della banca stessa - le cosiddette start up -, la necessità delle stesse start-up di recuperare patrimonio e la successiva corsa agli sportelli, ci si rende conto che il fallimento di SVB non è dovuto a situazioni sistematiche, ma a problematiche specifiche.

Il crollo di Credit Suisse, avvenuto solo per pura coincidenza negli stessi giorni, ha fatto immediatamente pensare ad un nuovo contagio come nel 2008; ma, anche in questo caso, si tratta più di questioni specifiche interne che durano da diversi anni che non di sistema. Ed il grafico di Quantalys degli ultimi cinque anni, al di là del rimbalzo del gatto morto verificatosi subito dopo il crollo dovuto al Covid – 19, lo dimostra ampiamente:

Che si tratti di pura coincidenza lo si può affermare soprattutto in considerazione dei rapporti praticamente inesistenti tra Credit Suisse e SVB. 

E Deutsche Bank?

Anche DB, da diversi anni è sotto osservazione, in particolare per l’utilizzo molto consistente di derivati ma, volendo guardare solamente al valore riconosciutole dal mercato, si è comportata meno bene del settore finanziario ma infinitamente meglio di Credit Suisse:

Anche in questo caso, pur rappresentando DB uno dei più grandi gruppi bancari europei, parliamo di situazioni specifiche particolari che potrebbero diventare sistemiche solo in caso di fallimento della stessa che, con la sua imponente mole, trascinerebbe con sè non solo una buona fetta dell’economia tedesca, ma anche altri gruppi bancari europei e mondiali; uno scenario a dir poco improbabile e che non converrebbe a nessuno.

Tutto bene allora?

E’ sempre bene andare con i piedi di piombo in presenza di situazioni di questo genere; tuttavia, rispetto ai disastri del 2008, oggi le banche europee ed italiane sono decisamente più patrimonializzate, a giudicare da uno dei parametri più importanti utilizzati per verificare il grado di salute degli istituti, il  CET 1 (Common Equity Tier 1 ratio che esprime il rapporto tra il capitale ordinario versato nell'istituto e le attività ponderate per il rischio) che, secondo la normativa europea, deve essere superiore all’8% e che, in questo momento, vede le banche europee attestarsi su una media abbondantemente superiore al 14% (la banca con cui collaboro, ad esempio, presenta un valore al 31.12.2022 pari al 21,83%).

Così come è importante il valore dei crediti in sofferenza ben al di sotto della soglia del 2% oppure l’indicatore di liquidità LCR, (Liquidity Coverage Ratio, indice medio di copertura della liquidità ottenuto dal rapporto tra il totale delle attività liquide di elevata qualità e il totale dei deflussi di cassa netti in un orizzonte futuro di 30 giorni) che dovrebbe attestarsi al 100% ma che secondo il Rapporto di Banca d’Italia del novembre 2022 attualmente è pari al 182,70%

Per concludere, è legittimo e consigliabile essere guardinghi ma è importante non farsi trascinare dalla consueta emotività innescata da notizie negative che, in base ai dati appena riportati, è bene tenere sotto controllo visto che il rischio contagio, al momento, è davvero molto basso. 

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